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      La patria moderna dev'essere abbastanza grande, ma non tanto che la comunione d'interessi non vi si possa trovare, come chi ci volesse dare per patria l'Europa. La propria nazione, coi suoi confini segnati dalla natura, è la società che ci conviene. E conchiudo che senza amor nazionale non si dà virtù grande. Da tutto ciò deducete il gran vantaggio del moderno stato, che ha tolto assolutamente il fondamento, anzi la possibilità della virtù, certo della virtù grande, e grandemente utile; della virtù stabile e solida, e che abbia una base e una fonte durevole e ricca.
      4. Lascio la gran vita che nasce dall'amor patrio, e in proporzione della sua forza, ch'è massima ne' popoli liberi, e che gli antichi godevano mediante questo; e la morte del mondo, sparito che sia l'amor patrio, morte che noi sperimentiamo da gran tempo.
      5. Le guerre moderne sono certo meno accanite delle antiche, e la vittoria meno terribile e dannosa al vinto. Questo è naturalissimo. Non esistendo più nazioni, [897]e quindi nemicizie nazionali, nessun popolo è vinto, nessuno vincitore. Chi vince non vince quel tal popolo, ma quel tal governo. I soli governi sono nemici fra loro. Dunque la vittoria non si esercita sopra la nazione (la quale come l'asino di Fedro cambia solamente la soma, o l'asinaio); ma sopra il solo governo. Una nazione conquistata perde il suo governo, e ne riceve un altro che presso a poco è il medesimo. Non essendo nemica della conquistatrice, non avendo avuto guerra con essa, nè questa con lei, partecipa ai di lei vantaggi, alle cariche pubbliche ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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