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      Applicate questa osservazione alla scelta degli oggetti d'imitazione pel poeta e l'artefice, condannando i romantici e il pių de' poeti stranieri che scelgono di preferenza oggetti forestieri ed ignoti per esercitare la forza della loro imitazione.
      (9. Luglio 1821.)
     
      Altra prova che noi siamo pių inclinati al timore che alla speranza, č il vedere che noi per lo pių crediamo facilmente quello che temiamo, e difficilmente quello che desideriamo, anche molto pių verisimile. E poste due persone delle quali una tema, e l'altra desideri una stessa cosa, quella la crede, e questa no. E se noi passiamo dal temere una cosa al desiderarla, non sappiamo pių credere quello che prima non sapevamo non credere, [1304]come mi č accaduto pių volte. E poste due cose, o contrarie o disparate, l'una desiderata, e l'altra temuta, e che abbiano lo stesso fondamento per esser credute, la nostra credenza si determina per questa e fugge da quella. Nell'esaminare i fondamenti di alcune proposizioni ch'io da principio temeva che fossero vere, e poi lo desiderava, io li trovava da principio fortissimi, e quindi insufficientissimi.
      (10. Luglio 1821.)
     
      A quello che ho detto del linguaggio popolare, pochi pensieri addietro, soggiungi. Il linguaggio popolare č ricca e gran sorgente di bellissime voci e modi, non veramente alla lingua scritta, ma propriamente allo scrittore. Vale a dire, bisogna che questo nell'attingerci, nobiliti quelle voci e modi, le formi, le componga in maniera che non dissuonino, nč dissomiglino dalle altre che l'arte ha introdotto nello scrivere, ed ha polite, e insomma non disconvengano alla natura dello scrivere artifizioso ed elegante.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913