Vi accorgerete però di essa deformità molto più difficilmente, e la sentirete assai meno di quello che fareste in un altro. Così accade di molto maggiori deformità o nostre proprie, o di persone con cui conviviamo ec. e v. la p.1212. capoverso 2.
Queste osservazioni sono menome. Ma non altrimenti il filosofo arriva alle grandi verità che sviluppando, indagando, svelando, considerando, notando le menome cose, e risolvendo le stesse cose grandi nelle loro menome parti. Ed io da un lato non credo che forse si possa addurre prova più certa di queste osservazioni, per dimostrare come il giudizio, il senso, l'idea della bellezza o bruttezza delle forme degli stessi nostri simili (giudizio, e senso influito dalla natura universale più che qualunque altro) dipende dall'assuefazione ed osservazione, ed eccetto in certe inclinazioni naturali, non ha assolutamente altra ragione, altra regola, altro esemplare. [1311]Dall'altro lato non vedo qual altra più vera e incontrastabile proposizione possa venir dimostrata in maniera più palpabile di questa.
Discorrete allo stesso modo delle altre parti del corpo umano, o egualmente minute, o egualmente poco facili ad osservarsi o vedersi negli altri, o in più che tanti.
(10. Luglio 1821.). V. qui sotto.
Alla p.1309. Tanto più che l'osservazione che noi abbiam fatta in noi stessi delle dette parti è minutissima, e quindi l'idea che abbiamo della loro conveniente figura ec. è bene esatta e determinata, forse più di qualunque altra simile idea. E questo pure perch'ella è formata sopra noi stessi, vale a dire sopra un esemplare che da noi è naturalmente meglio conosciuto, più precisamente osservato, e più frequentemente anzi continuamente veduto che qualunque altro oggetto materiale.
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