E quindi è giornaliero il lagnarsi della oscurità con cui ragionano delle loro discipline ec. quelli che le professano. Il che si può considerare anche sotto questo aspetto.
Coloro che non fanno professione, o non sono pienamente pratici e versati in qualche facoltà, credono obbligo loro, e si propongono nel trattarla, di parlare o scrivere a tutti. Ma quelli che le professano, intendono (anche senza determinata volontà) di parlarne o scriverne ai professori. Il che se può comportarsi in altre scienze o discipline, non deve aver luogo nella filosofia morale o metafisica ec. e in tutte quelle cognizioni che benchè astratte o sottili ec. devono però esser trattate non per una particolar classe di persone, ma per tutti, anzi più per quelli che le ignorano, o poco le conoscono, che per li periti.
È anche cosa osservabile che dei maestri i quali non siano assolutamente insigni in una facoltà, spesso sono adattati a insegnarla, e riescono a darla bene ad intendere, purchè [1376]abbiano le altre qualità necessarie o proprie del bene insegnare, e indipendenti dalla cognizione della materia. Ma quegli uomini che si distinguono in questa cognizione, di rado assai troverannosi adattati a insegnarla, e gli scolari partiranno dalla scuola dell'uomo il più dotto, senz'aver nulla partecipato alla sua dottrina: eccetto il caso (raro) ch'egli abbia quella forza d'immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne' piedi de' suoi discepoli, il che si chiama comunicativa.
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