Dal che risultano le uniche feste popolari che questo tempo conservi. E l'influenza delle feste popolari sulle nazioni è somma, degnissima di calcolo per li politici, utilissima quando risveglia gli animi alla gloria, colla rimembranza, e la pubblica e solenne celebrazione e quasi proposizione de' grandi esempi ec.
Non è però da credere che [1439]questa sì degna istituzione debba la sua origine al Cristianesimo. Nè l'epoca del Cristianesimo, epoca nella quale il mondo incominciava, si può dire, per la prima volta a sentire la mancanza della vita, la noia, il nulla, e la morte, era capace di produrre una istituzione tutta di vita, una istituzione energica, fonte di grandezza, sprone all'attività ec. Bensì è doloroso che di questa istituzione anteriore assai al Cristianesimo, che la imitò e la ricevè dal mondo antico, non resti oggi altro che le feste religiose, essendo del tutto abolite e perdute le nazionali.
Giacchè le feste che si chiamano onomastiche de' principi ec. o quelle d'incoronazioni, o anniversarie di dette incoronazioni ec. ec. non sono nè popolari, nè nazionali, nè utili a nulla. Non sono materialmente popolari, perchè per lo più non si stendono fuor delle corti, o almeno fuor delle capitali, si limitano a cerimonie di etichetta, non hanno niente di vivo, di entusiastico ec. Non sono spiritualmente popolari, cioè nazionali, perchè la festa di un principe vivo, non è festa della nazione, la quale o [1440]non si cura di lui, o probabilmente l'odia o l'invidia, o lo biasima in cento mila cose; o per lo meno è del tutto indifferente sul conto suo, e quasi estranea al suo principe, o a' suoi subalterni.
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