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      Il più debole si raccomanda, e segue la strada che più giova e piace agli altri, per cattivarseli. Il forte non abbisogna di questo. Ecco l'abuso de' vantaggi. Abuso inevitabile e certo, posta la società. Così dico de' potenti ec. i quali non ponno essere virtuosi. Ne' privati a me pare che non si trovi vera affabilità, vera e costante amabilità e facilità di costumi, interesse per gli altri ec. se non che nei brutti, in chi ha qualche svantaggio, è nato in bassa condizione ed assuefattoci da piccolo, ancorchè poi ne sia uscito, è povero o lo fu, ovvero negli sventurati.
      Ora domando io. Sono vantaggi o non sono, la bellezza, l'ingegno ec. ec.? La virtù ec. un certo buon ordine ec. ec. sono o non sono voluti dalla natura? (Questo è certo, perchè il fanciullo e il giovane v'è sempre inclinato). Che strana contraddizione è dunque questa che nello stato di società i vantaggi naturali e acquisiti sieno quasi assolutamente incompatibili colla bontà de' costumi? che per trovar questa, bisogni [1596]desiderare che il tale o tal altro sia brutto, sciocco ec. ec.? anzi che la maggior parte degli uomini, e tutti, se fosse possibile, fossero tali pel bene del mondo? (I devoti sogliono infatti chiamar favori e benefizii di Dio, questi e altri tali svantaggi). Che vuol dir tutto ciò? che lo stato sociale è contraddittorio colla natura, e con se stesso. Giacchè esso stesso non può sussistere senza la virtù e la morale, unico legame degli uomini, e sola sufficiente garanzia dell'ordine e della società ec. e queste non possono stare con un'altra cosa che è parimente necessaria al bene della società, vale a dire i vantaggi e i beni individuali.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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