Il senso ch'ella prova in questa contemplazione e considerazione, non è propriamente il disperar di conoscere. Solamente ella conosce di non esser Dio, e ravvisa la diversità [1628]dell'essenza ed esistenza fra Lui e se, come fra se e le altre creature. Anzi ella si sente più simile, più capace d'immaginare e penetrare nel modo in cui Dio esiste, che in quello delle altre creature. Queste espressioni non son temerarie. La Religione insegna che l'uomo è uno specchio della Divinità, quasi unus ex nobis.
(4. Sett. 1821.)
La disperazione, in quanto è mancanza, o piuttosto languore e insensibilità di speranza, è un piacere per se, e perchè l'uomo non sentendo la speranza, appena sente la vita, e la sua anima è abbandonata a una specie di torpore, benchè il corpo possa essere in grande attività, e spesso in tal circostanza lo sia. Tutto ciò risulta dalla mia teoria del piacere.
(4. Sett. 1821.)
Forza dell'assuefazione generale. Le impressioni de' sensi sono sempre vivissime ne' fanciulli. L'uomo ci si avvezza, ed elle perdono in forza e durata. Ma non si avvezza solamente ad una per una. Un'impressione tanto nuova per un uomo quanto la più nuova che possa provare un fanciullo, fa meno effetto in quello che in questo: perchè quegli è avvezzo alle [1629]impressioni. Quanto più l'uomo (in proporzione delle circostanze individuali) è avvezzo alle novità, tanto l'impressione delle novità è per lui meno forte e durevole: e finalmente gli farà maggiore impressione la monotonia ec. che la novità. E pur nessuno può essere avvezzo a una nuova impressione in particolare; ma l'uomo si avvezza alle nuove impressioni in generale. ec. ec.
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