Or in luogo di questa che non è mai propria di nessuna lingua ne' suoi principii, e ne' cominciamenti della sua letteratura, si trova ne' primitivi scrittori di ciascuna lingua molta familiarità. Noi non abbiamo i primitivi scrittori greci. I latini Ennio, (ne' suoi frammenti) Lucrezio, ec. possono dimostrare questa verità, massime confrontandoli co' seguenti.
[1809]Ma se noi non sentiamo perfettamente in essi il familiare, qualità delle lingue la più difficile a ben sentirsi in una lingua forestiera, e più in una lingua morta, lo sentiamo però ottimamente in Dante, nei prosatori trecentisti, escluso il Boccaccio, che introdusse nell'italiano tante voci, frasi, e forme latine, e nel Petrarca (v. un mio pensiero sulla familiarità del Petrarca), eccetto dov'egli pure si accosta ed imita (come fa, e felicemente, assai spesso) l'andamento latino. Questi e tutti gli scrittori primitivi di ciascuna lingua, doverono necessariamente dare un andamento, un insieme di familiarità al loro stile ed alla maniera di esprimere i loro pensieri, sì per altre ragioni, sì perchè mancavano di uno de' principali fonti dell'eleganza, cioè le parole, frasi forme rimosse dall'uso del volgo per una tal quale, non dirò antichità, ma quasi maturità. (Infatti è notabile che la vera imitazione degli antichi quanto alla lingua, dà subito un'aria di familiarità allo stile). E siccome altrove osservammo che gli scrittori primitivi sono sempre i più propri, così e per le stesse ragioni, essi debbono [1810]cedere ai susseguenti nell'eleganza (intendendo quella che ho dichiarato).
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