).
(17. Ott. 1821.). V. p.1965.
Alla p.1120. La parola vastus si considera come aggettivo, e il suo senso proprio si crede quello di latus, amplus ec. (v. Forcell.), e quando esso significa vastatus, questo si piglia per una metafora derivata da questo che quae vacua sunt loca vasta et maiora videntur (Forcell.) Io penso che vastus non sia che un participio di un verbo perduto di cui vastare (guastare) sia il continuativo; che il suo senso proprio fosse quello dell'italiano guasto (ch'è la stessa parola), analogo a quello di vastatus; che la metafora sia venuta (nel modo detto dal Forcellini) dal guasto all'ampio, il che mi par molto più naturale che viceversa; [1939]ed osservo che il più antico es. di vastus fra i molti portati dal Forcell. è nel senso di vastatus, e che il nostro guasto cioè vastus, è appunto uno de' participj di guastare, cioè vastare. Vastus di participio dovette appoco appoco divenire aggettivo (prima nel senso di vastatus, e poi di latus) come desertus, anch'esso participio, passato poi in una specie d'aggettivo, di significato simile al primitivo di vastus, con cui gli scrittori talvolta lo congiungono.
(17. Ott. 1821.)
Come il giovane non si persuade mai del vero prima dell'esperienza, così i genitori e quelli che hanno cura della gioventù (malgrado la prova che n'hanno in se stessi) non si persuadono mai che l'insegnamento non possa ne' giovani supplire all'esperienza. Non si persuadono dico se non dopo aver fatto essi pure esperienza di ciò; e pur troppo (siccome le persone d'ingegno e di talento facilmente assuefabile e persuadibile, son rare) non basta loro una o due o più esperienze, ma hanno sempre bisogno di un'esperienza individuale intorno a quel tal giovane che loro è commesso.
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