Quelli però (e son parecchi) che hanno nelle stesse nostre lingue un evidente significato continuativo (esistano ancora in esse o non esistano i loro positivi), e tuttavia non si trovano negli scrittori della buona latinità, difficilmente m'indurrò a credere, che sieno di bassa epoca, e che non ci siano dirittamente pervenuti mediante l'antico volgare latino, padre delle nostre lingue, e conservatore ostinato delle antiche proprietà della favella. Giacchè non è verisimile [2025]che ne' bassi e corrotti tempi, si coniassero espressamente questi verbi, secondo tutta la proprietà dell'antichissimo latino, secondo tutte le regole della formazione e della significazione continuativa; quando queste regole, e questa tal proprietà, da sì lungo tempo, e nell'istesso fiore della latinità era stata dimenticata, o mal distinta, e confusamente sentita, o del tutto ignorata e violata dagli stessi scrittori latini e da' migliori gramatici, e conoscitori della regolata favella, e formatori di nuove parole.
(31. Ott. 1821.)
Gli antichi poeti e proporzionatamente gli scrittori in prosa, non parlavano mai delle cose umane e della natura, se non per esaltarle, ingrandirle, quando anche parlassero delle miserie e di argomenti, e in istile malinconico ec. Così che la grandezza costituiva il loro modo di veder le cose, e lo spirito della loro poesia. Tutto al contrario accade ne' poeti, e negli [2026]scrittori moderni, i quali non parlano nè possono parlare delle cose umane e del mondo, che per deprimerne, impiccolirne, avvilirne l'idea.
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