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      Quindi è che i linguaggi antichi sempre innalzano e ingrandiscono, massime quelli de' poeti, i moderni sempre impiccoliscono e abbassano e annullano anche quando sono poetici. Anzi appunto in ciò consiste lo spirito poetico d'oggidì (che ha sempre, e massime oggi, grandi rapporti col filosofico di ciascun tempo). Gli antichi si distinguevano dal volgo coll'inalzare le cose al di sopra dell'opinione comune; i moderni poeti col deprimerle al di sotto di essa. In ciò pure v'è grandezza, ma del contrario genere. Onde avviene che gli scritti moderni tradotti p.e. in latino, o le cose moderne trattate in latino, suonano tutt'altro da quello che intendono, e ne segue un effetto discordante tra la grandezza e l'altezza del linguaggio, e la strettezza e bassezza delle idee, ancorchè fra noi poeticissime. (Come accaderebbe trasportando le nostre letterature in Oriente). E viceversa traducendo gli antichi negl'idiomi moderni, o trattando in questi le cose antiche.
      Da ciò segue che la lingua latina [2027]come quella ch'essendo d'indole tutta e distintissimamente antica, non ne ha punto la libertà, è del tutto inettissima alle cose moderne, alle traduzioni degli scritti moderni ec. (e lo spirito umano avrebbe incontrato un grandissimo ostacolo, e camminato con somma lentezza, se più a lungo, dopo il risorgimento della civiltà, fosse durato negli scrittori, negli affari ec. l'uso e il bisogno di adoperar la lingua latina, per la insufficienza delle volgari.) Le altre lingue antiche vi sono più o meno adattabili, secondo che hanno maggiore o minor libertà, fra le quali tiene il primo luogo la greca.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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