V. p.2106.
La circostanza dell'Italia e della Germania è appunto quella della Grecia in questo particolare (eccetto solamente che i nostri vernacoli non sono stati parzialmente adoperati da buoni scrittori, come quelli delle provincie o città greche). La Germania ne profitta per la libertà della sua lingua. Noi non potremo, se prevarranno coloro che ci vogliono ristringere al toscano, anzi al fiorentino. Cosa ridicola che in un paese privo affatto di unità, e dove nessuna città, nessuna provincia sovrasta all'altra, si voglia introdurre questa tirannia [2064]nella lingua, la quale essenzialmente non può sussistere senza una simile uniformità di costumi ec. nella nazione, e senza la tirannia della società, di cui l'Italia manca affatto. E che Firenze che non è stata mai il centro dell'Italia (e che ora è inferiore a molte altre città negli studi, scrittori ec. e fino nella cognizione della colta favella) debba esserlo della lingua, e della letteratura. E che si voglia imporre ad un paese privo non solo di vasta capitale, non solo di capitale qualunque, e quindi di società una e conforme, e d'ogni norma e modello di essa, ma privo affatto di società, una soggezione (in fatto di lingua ch'è l'immagine d'ogni cosa umana) più scrupolosa di quella stessa che una vastissima capitale, un deciso centro ed immagine e modello e tipo di tutta la nazione, ed una strettissima e uniformissima società, impone alla lingua e letteratura francese. (6. Nov. 1821.). Certo se v'è nazione in Europa [2065]colla cui costituzione politica e morale e sociale convenga meno una tal soggezione in fatto di lingua (e la lingua dipende in tutto dalle condizioni sociali ec.
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