Così che v'ha una contraddizione essenziale nella natura di essa nazione, lingua, letteratura ec. ossia un principio elementare che necessariamente produce due [2069]contrarii effetti. Fonte inevitabile d'inconvenienti, di corruzione, d'istabilità ec.
(7. Nov. 1821.)
Alla p.1126. marg. Quanto sia vero che il v è stato sempre, per natura della pronunzia umana, almeno ne' nostri climi, o considerato o confuso con una aspirazione, e questa lieve, si può vedere nella lingua italiana che spesso lo ha tolto via affatto o dalle parole derivate dal latino, o da altre. E in quelle stesse dove lo ha conservato, la pronunzia volgare spessissimo lo sopprime, e spesso anche la scrittura, come nella parola nativo dal latino nativus, che noi scriviamo indifferentemente natìo, ed in molte altre simili, latine o no, che o si scrivono indifferentemente in ambo i modi, o sempre senza il v che prima avevano, come restìo, che certo da prima si disse restivo, o restivus Giulio per giulivo, Poliz. l.1. Stanza 6. v.4. Bevo, beo, bee ec. Devo deve, deo dee ec. V. le gramatiche, e fra gli altri il Corticelli. Paone, pavone ec. Viceversa il popolo molte volte in queste o altre [2070]voci, inserisce o aggiunge comunque, quasi per vezzo, il v, che non ci va, massimamente fra due vocali, per evitare l'iato, al modo appunto del digamma eolico ch'io dico esser lo stesso che l'antico v latino. Del resto come i latini dicevano audivi e audii ec. ec. così è solenne proprietà della nostra lingua il poter togliere il v agl'imperfetti della 2. 3. e 4. congiugazione e dire tanto udia, leggea, vedea quanto udiva, leggeva, vedeva (cioè videbat ec. essendo il b latino un v presso noi in tali casi, come lo era spesso fra' latini, e viceversa, e come tra gli spagnoli queste due lettere, e ne' detti tempi e sempre si confondono.
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Giulio Poliz Corticelli
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