Tutti i nostri mali infatti possono forse trovare i loro analoghi negli animali: fuorchè la noia. Tanto ell'è stata proscritta dalla natura, ed ignota a lei. Come no infatti? la morte nella vita? la morte sensibile, il nulla nell'esistenza? e il sentimento di esso, e della nullità di ciò che è, e di quegli stesso che la concepisce e sente, e in cui sussiste? e morte e nulla vero, perchè le morti e distruzioni corporali, non sono altro che trasformazioni di sostanze e di qualità, e il fine di esse non è la morte, [2221]ma la vita perpetua della gran macchina naturale, e perciò esse furono volute e ordinate dalla natura.
Osserviamo le bestie. Fanno bene spesso pochissimo o stanno ne' loro covili ec. ec. ec. senza far nulla. Quanto di più fa l'uomo. L'attività dell'uomo il più inerte, vince quella della bestia più attiva (sia attività interna o esterna). Eppur le bestie non sanno che sia noia, nè desiderano attività maggiore ec. L'uomo si annoia, e sente il suo nulla ogni momento. Ma questo fa e pensa cose non volute dalla natura. Quelle viceversa.
(3. Dic. 1821.)
Non potui abreptum etc.?
Verum anceps pugnae FUERAT fortuna. FUISSET:
Quem metui moritura?
Didone, Aen. 4.600.603. seg. Fuerat qui significa espressamente sarebbe stata. Puoi vedere p.2321. Fuera direbbero appunto gli spagnuoli. Quest'uso dell'indicativo preterito [2222]piucchè perfetto in luogo e in senso del piucchè perfetto dell'ottativo o soggiuntivo, è frequentissimo presso i latini massime allora quando esso va congiunto con altro più che perfetto del soggiuntivo, onde sarebbe stato bisogno il duplicar questo, come nel cit. luogo, dove se in vece di fuerat poneste fuisset, raddoppiereste quel fuisset (fosse stata) che viene subito dopo.
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Aen
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