(11. Dic. 1821.)
La sola virtù che sia e costante ed attiva, è quella ch'è amata e professata per natura e per illusioni, non quella che lo è per sola filosofia, quando anche la filosofia porti alla virtù, il che non può fare se non mentre ell'è imperfetta. Del resto osservate i romani. La virtù fondata sulla filosofia non esistè in Roma fino a' tempi de' Gracchi. Virtuosi per filosofia non furono mai tanti in Roma, quanti a' tempi de' Tiberi, Caligola, Neroni, Domiziani. Troverete nell'antica Roma dei Fabrizi (nemicissima della filosofia, come si sa dal fatto di Cinea) dei Curii ec. ma dei Catoni, dei Bruti stoici non li troverete. [2246]Or bene che giovò a Roma la diffusione l'introduzione della virtù filosofica, e per principii? La distruzione della virtù operativa ed efficace, e quindi della grandezza di Roma.
(11. Dic. 1821.)
Alla p.1148. fine. I latini dicevano obligari votis, ed anche obligari semplicemente nello stesso senso, sottintendendo votis o voto, come nell'addotto passo di Ovidio, e come in questo che segue di Orazio, obligata significa vota, cioè promessa con voto, votis o voto obligata.
Ergo obligatam redde Jovi dapem. (l.2. od.7. v.17.)
Nel passo di Ovidio pertanto quell'ut non vuol dire in italiano a, cioè ad tangendum, ma affinchè ec. secondo il solito.
(12. Dic. 1821.)
Involare che presso noi vale solamente rubare ebbe in fatti questa significazione non presso i latini del secolo di Augusto, ma presso gli anteriori e i posteriori. (V. Forcell.) Fra' quali l'autor della Vita di Virgilio, innanzi [2247]alla metà, cioè cap.
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