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      (27. Dic. 1821.)
     
      Alla p.2275. Chi di noi volendosi mettere per una stanza a camminare dentro due linee in uno spazio di un palmo e mezzo, ed anche meno, non è capace di farlo, senza neppur pensare di squilibrarsi? (Eccetto il caso che vi pensino, per qualche circostanza che li metta o nel puntiglio, o nella necessità ec. di non isquilibrarsi; perocchè allora correranno parimente rischio di patirlo.) Or ponete che questo medesimo spazio sia un trave, o una tavola posta a modo di ponte sopra un altissimo precipizio, o sopra un fiume, senza ripari nè appoggi da veruna parte. Quanti sono coloro che non si fiderebbero di passarvi, o passandovi perderebbero l'equilibrio, o correrebbero più volte vicinissimo rischio di perderlo! E pure a questi medesimi non manca nè la facoltà nè [2297]l'abito giornaliero, di far tutto quello che bisogna perchè quel passaggio non faccia loro alcun male; cioè l'abito di camminare allo stessissimo modo tuttogiorno senza punto squilibrarsi, quando lo squilibrarsi non è pericoloso.
      (27. Dic. 1821.)
     
      Alla p.2238. I preliminari di questo pensiero si applichino a quello che segue ora, perocchè quanto a stinguo esso non è aferesi di exstinguo, ma la radice del medesimo, e di restinguo ec.; altrimenti si direbbe extinguo, e allora stinguo sarebbe per aferesi. -
      Quindi si può congetturare che quelli fra tali composti i quali da' buoni latini si scrivevano non colla ex ma colla semplice e come enervare, e che in italiano (così se in franc. o spagn.) cominciano colla s impura, come snervare, si pronunziassero volgarmente colla ex, cioè exnervare ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913