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      Ma come potè nel volgare latino divenire sì familiare, e conservarsi poi sino all'ultimo, un antichissimo verbo greco? Certo il volgo latino non istudiava il greco, e più grecizzanti erano i nobili che la plebe. È dunque manifesto che tal verbo deriva niente meno che da quella primitiva sorgente da cui vennero il greco e il latino (volgari tutti due quando nacquero, come son tutte le lingue); e che perduto poi, o escluso dalle polite scritture, e dal linguaggio nobile, come tante altre, [2357](e come accade appunto nell'italiano che parecchie voci volgari benchè derivate dalla purissima latinità, cioè dalla nostra madre, si escludono dalle polite scritture o discorsi, perchè appunto fatte troppo familiari dall'uso quotidiano della plebe, ec. e si antepongono altre d'origine o di forma corrottissima) si conservò perpetuamente nel popolare. Ed appunto qui possiamo osservare un esempio di ciò che ho detto nella parentesi, poichè lingo (v. il Forcell.) non è che corruzione di ?????, o lecho, o licho; pur quello fu adottato nelle scritture, questo escluso, benchè certo esistesse nella lingua latina, come abbiamo veduto. V. il Ducange in Lecator, e nota anche Licator sì quivi in un esempio, come al suo luogo.
      (23. Gen. 1822.)
     
      Ho detto altrove che lo spagnuolo sitiar per assediare forse viene da un sidiari, o sidiare semplice di obsidiari ec. Aggiungo, se quivi non l'ho già detto, che parimente sitio per assedio non sembra esser altro che sidio sidionis, cioè obsidio tolta la preposizione ob la quale infatti non è che aggiunta ad una parola semplice, che non può essere se non [2358]sidio.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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