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      Eccone esempio dall'En. 6.145. segg. Et rite repertum (il ramo d'oro, sacro a Proserpina come dice v.138.) Carpe manu. Namque ipse volens facilisque sequetur, Si te fata vocant: ALITER non viribus ullis Vincere, nec duro poteris convellere ferro. V. il Forcell. aliter §. ult. Dubito però che quei 2. esempi, specialmente il primo, facciano precisamente al caso.
      (27. Gen. 1822.)
     
      Alla p.2340. marg. Vedi pure il Forcell. in Fido, Fisus, Confido, Confisus (participii passati non passivi ma neutri, e non di deponenti ma di neutri), e Virg. En. 5. v. penult. (870-1.) O nimium coelo et pelago CONFISE sereno, Nudus in ignota, Palinure, iacebis arena.
      (27. Gen. 1822.)
     
      Quei pochissimi poeti italiani che in questo o nel passato secolo hanno avuto qualche barlume di genio e natura poetica, qualche poco di forza nell'animo [2364]o nel sentimento, qualche poco di passione, sono stati tutti malinconici nelle loro poesie. (Alfieri, Foscolo ec.). Il Parini tende anch'esso nella malinconia, specialmente nelle odi, ma anche nel Giorno, per ischerzoso che paia. Il Parini però non aveva bastante forza di passione e sentimento, per esser vero poeta. E generalmente non è che la pura debolezza del sentimento, la scarsezza della forza poetica dell'animo, che può permettere ai nostri poeti italiani d'oggidì (ed anche degli altri secoli, e anche d'ogni altra nazione), a quei medesimi che più si distinguono, e che per certi meriti di stile, o di stiracchiata immaginazione, son tenuti poeti, l'essere allegri in poesia, ed anche inclinarli e sforzarli a preferir l'allegro al malinconico.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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