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      1752. Io non so se sia vero, nè se quella del Rucellai p.e. se ne diversifichi notabilmente: non mi par che l'edizioni italiane di que' tempi (come quella delle Rime del Firenzuola in Firenze, cit. nel Voc.) [2462]ne vadano molto lungi: ma se ciò fosse, verrebbe dalla dimora dell'Alamanni in Francia. V. p.2466.
      In somma la lingua italiana pericolava di stabilirsi e radicarsi irreparabilmente in quella stessa imperfezione d'ortografia, in cui si veniva formando, e poi per sempre si radicò la lingua francese. Fortunatamente non accadde, anzi ell'ebbe la più perfetta ortografia moderna: non lettere scritte le quali non si pronunzino: non lettere che si pronunzino e non si scrivano: ciascuna lettera scritta, pronunziata sempre e in ogni caso, come si pronunzia recitando l'alfabeto ec. V. p.2464.
      Cagioni di questo vantaggio furono l'infinita capacità, acutezza e buon gusto d'infinite persone in quel secolo, e l'altre circostanze ch'ho notate altrove. Alle quali si può e si dee forse aggiungere che i suoni della lingua latina, e generalmente la pronunzia e l'uso di essa, sopra la cui ortografia si formava naturalmente la nostra, era molto meno diverso dall'uso e pronunzia nostra e spagnuola, di quel che sia dal francese. [2463]Quindi essendo tutte tre queste ortografie formate da principio egualmente sulla latina, le due prime che poco avevano da mutarla per conformarla all'uso loro, facilmente la corressero (massime l'italiana) e ve l'uniformarono; ma la francese che avrebbe dovuto quasi trovare una nuova maniera di scrivere (essendo nella pronunzia, come in ogni altra parte, la più degenere figlia della latina), ed anche trovare in parte un nuovo alfabeto (come per le e mute ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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