Dal che, e non da altro, e forse dalla stessa poca loro perizia del greco, nacque che gli antichi scrittori latini, benchč abbondanti di grecismi e barbarismi, pur si riputassero e fossero modelli del puro sermone Romano, rispetto agli scrittori pių moderni. E lo stesso dico degli antichi italiani.
E quella ricchissima, fecondissima, potentissima, regolatissima, e al tempo stesso variatissima, poetichissima e naturalissima lingua del cinquecento, ch'a noi (ne' suoi buoni scrittori) riesce cosė elegante, forse ch'allora fu tenuta per tale? Signor no, ma per corrotta. E la buona lingua si stimava solo quella del trecento, e se ne deplorava la mutazione, chiamandola corruzione e scadimento totale della lingua, (come noi facciamo rispetto al 500), e gli scrittori tanto pių s'avevano eleganti, quanto meno scrivevano nella lingua loro per iscrivere in quella di quell'altro secolo. Laddove a noi, a' quali l'una e l'altra č divenuta pellegrina, tanto pių piacciono i cinquecentisti quanto pių seguono l'uso [2516]del loro secolo, e meno imitano il trecento. Ed č ben ragionevole perchč allora solo possono esser naturali e di vena, come č il Caro che non fu mai imitatore. (Č notabile che di parecchi cinquecentisti, le lettere dov'essi ponevano meno studio, e che stimavano essi medesimi di lingua impurissima, mentr'era quella del loro secolo, sono pių grate a leggersi, e di migliore stile che l'altre opere, dove si volevano accostare alla lingua del trecento, mentre nelle lettere usavano la lingua loro, e riescono per noi elegantissimi e naturalissimi.
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Romano Caro
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