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      Fatto sta che le maravigliose prose del Caro, benchè stimate, [2536]non furono già ammirate nel 500 (quanto alla lingua). Ed è certo che la lingua del Caro, come l'immaginazione e l'ingegno di Dante, son venute principalmente in onore, e riposte nel sommo luogo che meritano, in questo e sulla fine del passato secolo. Il che, di Dante, si vede anche fra gli stranieri. E quanto a lui, ciò si deve al perfezionamento de' lumi, e del gusto, e della filosofia, e della teoria dell'arti, e del sentimento del vero bello. Quanto al Caro, ciò viene in gran parte da circostanze materiali.
      2. Le prose italiane ch'ebbero fama nel 500, l'ebbero per l'una di queste cagioni. 1° Per essere scritte alla Boccaccevole (e quindi fuor dell'uso di quel secolo), come sono l'Arcadia del Sannazzaro nelle prose, le prose del Bembo, e tutte quelle del Casa, tolte le lettere. E notate che questi prosatori e i loro simili furono appunto i [2537]più stimati in quel secolo (al contrario del nostro), e dati per modello. Il che dimostra ad evidenza che il gusto del cinquecento nella lingua era quello ch'io dico, che s'apprezzava come elegante una lingua diversa dalla loro, e che sempre si disprezza la lingua attualmente corrente nella nazione, per bellissima ed ottima ch'ella sia.
      2° Per lo stile, per la imitazione de' classici latini o greci indipendentemente dalla lingua. Questo studio era comune ai buoni prosatori (come anche poeti) del 500. Ed avendosi allora gran gusto e inclinazione per il classico, si stimavano e ricercavano le prose scritte nello stile e ad imitazione e colle forme degli antichi classici, benchè la lingua non piacesse gran fatto.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913

   





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