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      E questa è una delle ragioni per cui si faceva conto anche delle lettere più familiari, e d'ogni bagattella, e schediasma, anche degli scrittori non celebri, con tutto che fossero scritte nella lingua del [2538]secolo, e si raccoglievano con diligenza che ora sarebbe ridicola, e si stampavano ec. benchè di niunissima importanza nelle cose. Perocchè quasi tutti, o certo moltissimi scrivevano allora in buono stile, essendo divulgatissimo lo studio de' veri classici. Di più questo medesimo, benchè spettasse allo stile, pur essendo così strettamente uniti lo stile e la lingua, dava alle prose (come anche alle poesie) del 500. un sapor d'eleganza indipendente dalla lingua in se.
      3° Perchè molti (e questo fu vero e principal pregio del cinquecento, ed a cui fu dovuto il perfezionamento della nostra lingua) si studiavano anche di accostare e di modellare non solo lo stile, ma anche la lingua italiana, sulla latina e greca, in quanto lo potea comportare la sua natura. Questo fu comune alla massima parte de' veri buoni scrittori del cinquecento, massime prosatori. E questo li rendeva eleganti anche presso i contemporanei. [2539]Ma questa eleganza veniva non da altro che dal pellegrino, (cioè dal latino e dal greco) benchè quegli scrittori volessero piuttosto perfezionare, accostare al latino o al greco, render classica la lingua del loro secolo, che quella del 300, parlassero, come facevano, e bene, più da 500isti, che da 300isti, più da moderni che da antichi italiani; usassero la lingua viva e non la morta, le parole moderne più che le antiche, e insomma innestassero il latino e il greco nella lingua del 500, e non del 300, e però l'eleganza loro non venisse dall'uso dell'antico italiano, nè dalla così detta purità, quantunque oggi per noi sieno purissimi.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913