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      (Nè quest'apparenza è vana.) Per la qual cosa accade che la grandezza loro è piacevole ancorchè sproporzionata, indicando e dimostrando maggior quantità e misura di vita. 2o. Quanta [2549]parte di quella che si chiama bellezza e bruttezza umana sia indipendente ed aliena dalla convenienza, e quindi dalla propria teoria del bello. Giacchè, come accade nel nostro caso, anche quello ch'è sproporzionato e fuor della misura ordinaria, piace a causa dell'inclinazione ch'ha l'uomo alla vita, e si chiama bello. Ma di questo bello è cagione, non già la convenienza, ma la detta inclinazione e qualità umana indipendente dalla convenienza, e in dispetto della convenienza, e quindi del vero, proprio e preciso bello.
      (4. Luglio. 1822.)
     
      La quistione se il suicidio giovi o non giovi all'uomo (al che si riduce il sapere se sia o no ragionevole e preeleggibile), si ristringe in questi puri termini. Qual delle due cose è la migliore, il patire o il non patire? Quanto al piacere è cosa certa, [2550]immutabile e perpetua che l'uomo in qualunque condizione della vita, anche felicissima secondo il linguaggio comune, non lo può provare, giacchè, come ho dimostrato altrove, il piacere è sempre futuro, e non mai presente. E come, per conseguenza, ciascun uomo dev'essere fisicamente certo di non provar mai piacere alcuno in sua vita, così anche ciascuno dev'esser certo di non passar giorno senza patimento, e la massima parte degli uomini è certa di non passar giorno senza patimenti molti e gravi, ed alcuni son certi di non passarne senza lunghissimi e gravissimi (che sono i così detti infelici; poveri, malati insanabili, ec. ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Prima
di Giacomo Leopardi
pagine 1913