Nè si dee credere che le lingue patrie di quelle nazioni, fossero spente, neanche diradate dall'uso, e sostituita loro la greca nella conversazione quotidiana, come accadde della latina, nelle nazioni latinizzate. Restano anche oggi le lingue asiatiche antiche, o dialetti derivati da quelle, o composti di quelle e d'altre forestiere, come dell'arabica ec. E v. ciò che s'è detto altrove di Giuseppe Ebreo, e Porfirio Vit. Plotini c.17. nel Fabric. B. G. t.4. p.119-120. (e quivi la nota) ???? ??? ?????? ?????????. Di questi ????????? che scrivevano in lingua non loro, e pure scrivevano anche egregiamente, fu Luciano da Samosata, v. le sue opp., dove fa cenno della sua lingua patria, e tali altri di que' tempi; anzi tutti gli Asiatici [2624]che scrissero in greco (eccetto quelli delle Colonie, come Arriano, Dionigi Alicarnasseo ec.), alcuni Galli non Marsigliesi nè d'altra colonia greco-gallica (come Favorino), alcuni Africani, massime Egiziani (perchè nel resto dell'Affrica, esclusa la Cirenaica, trionfò la lingua latina, ma come lingua de' letterati e del governo ec. non come popolare, per quanto sembra), alcuni italiani (come M. Aurelio) ec. ec.
(9. Sett. 1822.)
Questo appunto fu quello che la lingua latina non ottenne mai, o quasi mai, cioè d'esser bene intesa, parlata, letta, scritta da quelli che non la usavano quotidianamente come propria, e così si deve intendere il citato luogo di Cic. latina suis finibus, exiguis sane, continentur. Pur non erano tanto ristretti neppur allora, quanto all'uso quotidiano, essendo già stabilito il latino in Affrica ec.
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