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      Degna d'esser letta è questa disputazione, massime per ciò che riguarda i vari e ripugnanti giudizi delle antiche nazioni circa il così detto diritto naturale e universale, o idea innata del giusto e del bene. E cita il Mai (nella 3. nota della p.232.) sopra questo proposito S. Girolamo in Iovin. II. 7. sqq. Sesto Empirico III. 24. et contra eth. 190. seqq. ed Erodoto III. 38. quos auctores haud paenitendo cum fructu ii legent qui naturali civilique historiae student.
      (22. Dic. 1822.)
     
      Nella sopraddetta disputazione è notabile un frammento (c.15. p.243.), dove Cicerone in persona di Filo ricorda quella favolosa opinione che avevano gli Arcadi [2661]e gli Ateniesi d'essere ??????????, cioè terrae filii, perlochè stimandosi di diversa origine e natura dagli altri uomini, niente stimavano di dovere alle altre nazioni, benchè riconoscessero leggi e diritti che obbligassero ciascuno individuo della propria nazione verso gli altri individui della medesima. E v. quivi la nota 1. del Mai.
      (22. Dic. 1822.). V. p.2665.
     
      Et quamquam optatissimum est, perpetuo fortunam quam florentissimam permanere; illa tamen aequabilitas vitae non tantum habet sensum, (mallem sensus 2do casu, quod magis tullianum est) quantum cum ex saevis et perditis rebus ad meliorem statum fortuna revocatur. Cic. ap. Ammian. Marcell. XV. 5.
      (23. Dic. antivigilia di Natale 1822.)
     
      E pensatamente io chiamai figura non tutto quello, che si diparte dalla prima formazion della lingua, ma dal più ordinario modo de' parlatori presenti.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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