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      [2722]Delle lingue vive non accade quello che delle lingue le quali più non si parlano. Queste, a guisa di pianta che più non vegeta, non possono ricevere accrescimento; e tutto quello, che a lor riguardo si può fare da noi, si è di serbarle diligentemente nello stato in cui sono; perciocchè in esse ogni alterazione tende a corrompimento. Al contrario le lingue che sono vive, vegetano tuttora, e possono crescere di più in più: e in esse le piccole mutazioni, che si vanno facendo di tempo in tempo, non sono segnali certi di corrompimento; anzi sono talora di sanità e vigoria. E però coloro, i quali non vorrebbon che i nostri scritti avessero altro sapore che di Trecento, nocciono alla lingua, perchè si sforzano di ridurla alla condizione di quelle che sono morte, e, in quanto a loro sta, ne diseccano i verdi rami, sicch'ella non possa, contro all'avviso d'Orazio, più vestirsi di nuove foglie. Quest'autore vivea pure nel secol d'oro [2723]della lingua latina, e nel tempo in cui essa era nel suo più florido stato: e tuttavia perch'ella era ancor viva, egli pensava ch'essa potesse arricchirsi vie maggiormente e ricevere nuove forme di favellare. Nota dell'Abate Colombo alle Lezioni sulle Doti di una colta favella con una non più stampata sullo stile da usarsi oggidì ed altre operette del medesimo autore (cioè dell'Abate Colombo). Parma per Giuseppe Paganino 1820. (ediz. 2da delle tre prime Lezioni e delle altre operette, fuorchè d'una). Lezione IV. Dello Stile che dee usare oggidì un pulito Scrittore. pag.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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