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      Le voci e frasi poetiche versate a due mani nelle prose, le voci o frasi antiquate, le metafore o strane affatto e barbare, o poetiche, non offendono la purità della lingua, ed appartengono piuttosto al conto dello stile. Il periodo di questi scrittori, il giro della dicitura, per lo più rotto, slegato, saltellante, ineguale, ovvero intralciato, duro, aspro, monotono, e lontanissimo dalla semplicità e dalla maestà dell'antica elocuzione greca, appartiene certo in gran parte alla lingua, al cui genio è contrarissima la struttura dell'orazione di quei bassi scrittori, ma non nuoce alla purità. Il numero e l'armonia è diversissimo [2795]in questi scrittori da quel ch'egli è negli antichi, ma ciò non solo per la negligenza di quelli, bensì ancora per la diversa pronunzia introdotta appoco appoco nella lingua greca, massimamente estendendosi ella a tanti e sì diversi e tra se lontani paesi, e subentrando a sì diverse favelle, o prendendo luogo accanto ad esse e in compagnia di esse, o in mezzo ad esse: giacchè bisogna considerare che la più parte degli scrittori greci dal 3. secolo in poi, non furono greci di nazione, o certo non furono greci di paese, ma Asiatici ec., e greci solamente di lingua, e questo ancora non sempre dalla nascita, ma per istudio, come p.e. Porfirio, della cui lingua patria, vedi la Vita di Plotino, capo 17. e l'Holstenio de Vita et scriptis Porphyrii cap.2. V. p.2827.
      (17. Giugno. 1823.)
     
      Una delle proprietà comuni alle tre lingue figlie della latina, le quali proprietà si debbono per conseguenza credere originate dalla lingua madre di tutt'e tre, come ho detto altrove, si è quella di [2796]usare causa (cosa, chose) per res.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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