Graecorum autem nullus easdem aedes ingredi vellet una cum viro, qui tale quid fecerit. (Ex versione Io. Northi). [2800]Scrittore incerto di alcune ????????? in dialetto Dorico, che si trovano sovente nei Codici appiè de' libri di Sesto Empirico, e furono pubblicate da Enrico Stefano tra i frammenti de' Pitagorici, e dal Fabricio, B. G. edit. vet. vol.12. p.617-35. lib.6. cap.7. §.6. Il Fabricio le chiama Disputationes Antiscepticae, ma in verità sono anzi esercitazioni scettiche in ciascuna delle quali si sostiene il pro e il contra, e questo vuol dire il titolo ch'è premesso a queste ????????? nel Codice Cizense, e riferito dal Fabricio p.617. nel qual titolo queste ????????? sono chiamate ?????????? ???? ??????????. Il soprascritto passo è nella seconda ????????, intitolata ???? ???? ??? ??????, ap. Fabric. l.c. p.622.
(21. Giugno 1823.)
È massima molto comune tra' filosofi, e lo fu specialmente tra' filosofi antichi, che il sapiente non si debba curare, nè considerar come beni o mali, nè riporre la sua beatitudine nella presenza o nell'assenza delle cose che dipendono dalla fortuna, quali ch'elle si sieno, o da veruna forza di fuori, ma solo in quelle che dipendono interamente e sempre dipenderanno da lui solo. Onde [2801]conchiudono che il sapiente, il quale suppongono dover essere in questa tale disposizion d'animo, non è per veruna parte suddito della fortuna. Ma questa medesima disposizione d'animo, supponendo ancora ch'ella sia più radicata, più abituale, più continua, più intera, più perfetta, più reale ch'ella non è mai stata effettivamente in alcun filosofo, questa medesima disposizione, dico, già pienamente acquistata, ed anche, per lungo abito, posseduta, non è ella sempre suddita della fortuna?
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