Così da debeo devo e deo, devi e dei ec. V. i grammatici e l'uso volgare. Dal lat. pavo diciamo pavone e paone, paonessa, paoncino ec. Diciamo altresì pavonazzo e paonazzo. E in cento altre parole leviamo e inseriamo il v a nostro piacere, o ch'esso veramente, secondo l'etimologia appartenga loro, o che no, e talvolta l'inseriamo sempre e costantemente in voci a cui esso non appartiene, o lo passiamo pur sempre e costantemente sotto silenzio in quelle voci dov'esso dovrebb'essere ed era. E in questo particolare v'è frequentissima discordanza tra le pronunzie e dialetti delle provincie, città, individui d'Italia, tra gli antichi autori e i moderni, tra l'antico parlare e il moderno, tra il moderno parlare e lo scrivere ec.
(2. Luglio. 1823.)
[2881]Traduzione del passo soprascritto di Dionigi d'Alicarnasso fatta da Pietro Giordani nella Lettera al Chiarissimo Abate Giambattista Canova sopra il Dionigi trovato dall'Abate Mai. Milano, per Giovanni Silvestri, 1817. p.30-31. Ma Ellanico Lesbiese dice che Ercole menando ad Argo i buoi di Gerione, e già trovandosi in Italia, poichè un bue sbrancatosegli della greggia fuggendo corse tutta la spiaggia, e notando per lo stretto del mare in Sicilia arrivò; esso Ercole interrogando i paesani, dovunque nel correr dietro al bue passava, se alcuno lo avesse veduto; e quelli poco intendendo la favella greca, e per gl'indizi ch'Ercole ne dava chiamando essi quell'animale nella nativa lor lingua Vitulo (come anch'oggi si chiama): accadde che dal vocabolo di quella bestia, tutto il paese ch'ella corse fosse nominato Vitulia.
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