[2890]Ed è dissillaba non per licenza o figura poetica, ma per regola, e trisillaba non potrebb'essere o non senza licenza. Così dite di hei, heu, euge, eugepae, euganeus ec. ec. Eburneus-eburnus.
(4. Luglio. 1823.)
Non è fuor di ragione nè arbitrario e gratuito quello ch'io dico circa la formazione dei continuativi da' participii in atus, che mutano l'a in i ec. Perocchè questa mutazione è ordinarissima e solenne nelle derivazioni e composizioni della lingua latina. Onde da capio, frango, tango, sapio, facio, iacio, taceo ec. ec. si fa in composizione cipio, fringo ec. cioè p.e. accipio, effringo, attingo, insipiens, resipio, desipio, afficio, adjicio, conticesco, reticeo ec. e così nelle derivazioni ec. Anche la e si muta in i: p.e. da teneo, sedeo, specio, rego, lego ec. contineo, insideo, aspicio, corrigo, colligo ec.
(5. Luglio. 1823.). Puoi vedere la p.2843.
Ho detto altrove che presso Omero il nome ???? serve a una perifrasi, come ???, in modo che per se stesso non vuol dir nulla, ma significa quello che occorre unitamente al nome col quale è congiunto; p.e. ???????? ????, il dì del ritorno, vuol dire il ritorno e non [2891]altro. Più esempi di quest'uso d'Omero vedili nell'Index vocabulorum Homeri del Sebero, in ???? ???????.
(5. Luglio 1823.). V. p.2995,2.
Alla p.2864. marg. È indubitato, secondo me, che quest'uso nacque dall'altra pessima usanza, introdotta nel latino fin dai primissimi tempi dell'impero, di dar del voi alle persone singolari. Onde è probabile che allora, o poco dipoi, o certo nel volgar latino quando che sia, s'introducesse questo costume di aggiungere l'aggettivo altri al voi e al noi (giacchè il noi anche negli ottimi tempi in latino e in greco, si usava in senso singolare) quando questi pronomi avevano ad aver senso plurale, per distinguerli da quando avevano ad averlo singolare.
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