Ma nelle altre lingue il difetto viene dallo scrittore: egli č che manca di varietā di stile, e non la lingua; e s'ei non ha stile proprio, egli puō averlo; almeno la lingua sua non glielo impedisce; ma ei non ha stile proprio, perchč un solo stile ha, non la sua lingua, che molti ne ammette, ma, per cosė dire, la lingua europea, ossia l'uso e lo spirito universale della letteratura e della civiltā [2916]presente, e del nostro secolo. V. p.3471.
Del resto egli č certissimo che quantunque le moderne lingue, almeno parecchie di esse, sieno capacissime d'ogni sorta di varietā, qualitā, e perfezion di stile, nondimeno niuna delle medesime č, che possa mostrare neppur ne' suoi antichi e nel suo secolo aureo nč tanta varietā, nč di gran lunga tanta perfezione di stile propriamente detto, quanta ne possono mostrare nei loro le lingue antiche. I moderni poi, quanto vincono gli antichi nel fatto delle sentenze, tanto cedono loro tutti in tutte le parti dello stile propriamente detto, e nel culto delle parole preso in tutta l'estension del termine. E non solo non mettono nč sanno mettere in pratica, ma nč pur conoscono perfettamente tutte le squisitezze degli artifizi e degli accorgimenti che gli antichi insegnavano comunemente e adoperavano intorno a esso culto, e che si possono vedere negli scritti rettorici di Cicerone e di Quintiliano. I moderni non ne conoscono generalmente neppure i nomi, e neppur ne hanno tanta idea che basti a poter valutare in confuso a che segno [2917]arrivasse questa squisitezza.
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Cicerone Quintiliano
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