Che se questa obbiezione valesse, ella varrebbe nč pių nč meno contro coloro che chiamano quei verbi frequentativi, non trovandosi ch'essi abbiano sempre o tutti un significato diverso da' verbi originali, e varrebbe anche circa quei medesimi verbi in itare ch'io dico esser veramente frequentativi di formazione. P.e. il Forcell. in parito dice ch'egli č frequentativo di paro (e per formazione puō infatti esser non meno frequentativo che continuativo), soggiungendo et eiusdem fere significationis. Cosė in haesito, e spessissimo. Dunque la detta obbiezione farebbe tanto contro i passati grammatici e le passate denominazioni e teorie de' verbi formati [2986]da' participii in us, quanto contro di me e delle mie denominazioni, distinzioni e teorie. Se tali verbi non hanno senso continuativo neanche l'hanno frequentativo. Dunque l'obbiezione non č pių per me che per gli altri.
(17. Luglio 1823.)
Č notabile che tutte le maniere di verbi frequentativi o diminutivi italiani da me altrove enumerati, come saltellare, salterellare ec. sono immancabilmente e solamente della prima coniugazione, ancorchč il verbo originale e positivo sia d'altra coniugazione, come scrivere, onde scrivacchiare ec.; nč pių nč manco che in latino tutti i continuativi e frequentativi o diminutivi (se non forse pochi anomali) del genere ch'io ho preso ad esaminare, da qualunque coniugazione essi vengano; ed anche altri verbi derivativi, sieno diminutt. sieno frequentatt. sieno l'uno e l'altro insieme, ec. di verbi originali ec. con diverse formazioni, che non spettano alla mia teoria, ed istituto, come ustulare, misculare di cui altrove ec. pandiculari, vellicare (v. p.2996. marg.
| |
Forcell
|