benchè non usasse familiarmente nè in iscrittura prosaica le inflessioni e voci Omeriche, le conosceva però e v'aveva l'orecchio assuefatto per lo gran divulgamento de' versi d'Omero cantati da' rapsodi per le piazze e le taverne, e saputi a memoria fino da' fanciulli.47 Il che non accadde a' poemi di Dante, il quale non fu mai in Italia neppur poeta di scuola, come Omero in Grecia presso i grammatisti medesimi, o certo presso i grammatici (vedi il Laerz. del Wetstenio, tom. 2. p.583. not. 5.); nè il dialetto o linguaggio poetico italiano è o fu mai quello di Dante. Dico generalmente parlando, e non d'alcuni pochi e particolari poeti, suoi decisi imitatori, come Fazio degli Uberti, l'autore del Quadriregio Federico Frezzi, ed alcuni dell'ultimo secolo, come il Varano. Neppur la lingua del Petrarca è quella di Dante, nè da lui fu presa, nè punto si serve de' particolari dialetti.
Non potendo dunque i dialetti somministrare inflessioni rimote dall'uso corrente [3015]che siano adattate al linguaggio poetico, resterebbe per allontanar le voci comuni dalla prosa e dall'uso, che il poeta le ravvicinasse alla etimologia ed alla forma ch'elle hanno nella lingua madre, qualvolta nell'uso comune e prosaico elle ne sono lontane. Questo mezzo è possibile e buono e spesso adoperato da' poeti quando la nazione è già colta e dotta, e la letteratura nazionale già formata. Ma ne' principii ciò è ben difficile e pericoloso, prima perchè dalla nazione ignorante quelle voci in tal modo rimutate corrono rischio di non essere intese; poi perchè presso la nazione non avvezza un tal rimutamento corre rischio di saper di pedanteria (il qual rischio dura eziandio proporzionatamente nel séguito) e di riuscire affettato.
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