) perch'egli avea rinfrescato la memoria delle domestiche calamità e ripostele sotto gli occhi rappresentandole al vivo (Herodot. l.6. c.21.); [3106]di più vietarono con decreto che quella tragedia fosse più recata sulle scene (Tzetz. Chil. 8. (alibi reperio 7.) hist. 156.): anzi secondo Eliano (Var. l.13. c.17.), lagrimando, lo cacciarono dal teatro esso stesso che stava rappresentando la sua propria tragedia. (Vedi Fabric. B. G. in Catal. Tragicorum, Meurs. Bibl. Att. Bentley Diss. ad Ep. Phalar. p.256) V. p.4078.
Adunque per tutte queste cagioni doveva nell'Eroe di Omero e nella nazione da lui celebrata concorrere colla virtù la fortuna. Ed ecco l'uno degl'interessi che campeggiano nell'Iliade senza interruzione per tutto il corpo del poema: interesse il quale consiste nell'ammirazione ispirata dalla straordinaria e superiore virtù; al quale interesse e alla qual maraviglia, cioè al pieno effetto di tal virtù descritta e figurata nel poema, richiedevasi necessariamente la felicità e il buon successo, che in tutti i tempi, ma negli antichissimi principalmente, sono considerati come il compimento della virtù, anzi pure come indispensabile perfezione [3107]di lei, o come solo indizio che possa dimostrarla veramente perfetta e somma.
Altra proprietà dell'uomo si è che laddove la superiorità, laddove la virtù congiunta colla fortuna non produce se non un interesse debole, cioè l'ammirazione; per lo contrario la sventura in qualunque caso, ma molto più la sventura congiunta colla virtù, produce un interesse vivissimo, durevole e dolcissimo.
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