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      Non altrimenti che il poeta, l'arte del quale non consiste già principalmente nell'inventar cose affatto ignote e strane e a tutti inaudite, o nello sceglier le cose meno divulgate, anzi ciò facendo egli più tosto pecca e perde e toglie all'effetto della poesia, di quel che gli aggiunga; ma l'arte sua è di scegliere tra le cose note le più belle, nuovamente e armoniosamente, cioè fra loro convenientemente, disporre [3222]le cose divulgate e adattate alla capacità dei più, nuovamente vestirle, adornarle, abbellirle, coll'armonia del verso, colle metafore, con ogni altro splendore dello stile; dar lume e nobiltà alle cose oscure ed ignobili; novità alle comuni; cambiar aspetto, quasi per magico incanto, a che che sia che gli venga alle mani; pigliare v. g. i personaggi dalla natura, e farli naturalmente parlare, e nondimeno in modo che il lettore riconoscendo in quel linguaggio il linguaggio ch'egli è solito di sentire dalle simili persone nelle simili circostanze, lo trovi pur nel medesimo tempo, nuovo e più bello, senz'alcuna comparazione, dell'ordinario, per gli adornamenti poetici, e il nuovo stile, e insomma la nuova forma e il nuovo corpo di ch'egli è vestito. Tale è l'officio del poeta, e tale nè più nè meno del Musico. Ma siccome la poesia bene spesso, lasciata la natura, si rivolse per amore di novità e per isfoggio di fantasia e di facoltà creatrice, a sue proprie e stravaganti e inaudite invenzioni, e mirò più alle regole e a' principii che l'erano stati assegnati, di quello che al suo fondamento ed anima ch'è [3223]la natura; anzi lasciata affatto questa, che aveva ad essere l'unico suo modello, non altro modello riconobbe e adoperò che le sue proprie regole, e su d'esso modello gittò mille assurde e mostruose o misere e grette opere; laonde abbandonato l'officio suo ch'è il sopraddetto, sommamente stravolse e perdè, o per una o per altra parte, di quell'effetto che a lei propriamente ed essenzialmente si convenia di produrre e di proccurare; così l'arte musica nata per abbellire, innovare decentemente e variare e per tal modo moltiplicare; ordinare, regolare, simmetrizzare o proporzionare, adornare, nobilitare, perfezionare insomma le melodie popolari e generalmente note e a tutti gli orecchi domestiche; com'ella ebbe assai regole e principii, e d'altronde s'invaghì soverchiamente della novità, e dell'ambiziosa creazione e invenzione, non mirò più che a se stessa, e lasciando di pigliare in mano le melodie popolari per su di esse esercitarsi, e farne sua materia, come doveva per proprio istituto; si rivolse alle sue regole, e su questo modello, senz'altro, gittò le sue composizioni [3224]nuove veramente e strane: con che ella venne a perdere quell'effetto che a lei essenzialmente appartiene, ch'ella doveva proporsi per suo proprio fine, e ch'ella da principio otteneva, quando cioè lo cercava, o quando coi debiti e appropriati mezzi lo proccurava.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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