Perocchè una lingua appropriata ad essere strettamente universale, deve, come [3258]in altri luoghi ho largamente esposto, essere di natura sua, servilissima, poverissima, senza ardire alcuno, senza varietà, schiava di pochissime, esattissime, e stringentissime regole, oltra o fuor delle quali trapassando, non si potesse in alcun modo serbare nè il carattere nè la forma d'essa lingua, ma in diversa lingua assolutamente si parlasse. Nè senza una buona parte o similitudine almeno di queste qualità e di ciascuna di esse, la lingua francese sarebbe potuta giungere a quel grado di universalità largamente considerata, in cui la veggiamo; nè certo mantenervisi, seppur momentaneamente vi fosse giunta, come vi giunse un dì la greca. Perocchè queste qualità indispensabilmente richieggonsi ad una, ancorchè non assoluta o stretta, universalità durevole di una lingua. Ora una lingua così formata e costituita, e di tali qualità in sommo grado (come a una lingua strettamente universale si ricercherebbe) fornita, a pochissimo andare, per cagione di queste medesime qualità, si corromperebbe e traviserebbe [3259]in modo che più non sarebbe quella; come altrove ho dimostrato di tali lingue non libere, coll'esempio (fra l'altre cose) della latina, la quale, siccome ogni altra, quantunque servilissima, che si conosca, fu ed è ben lontana dall'aver queste qualità in sommo grado, come si richiederebbe di necessità ad una lingua che avesse ad essere strettamente e durabilmente universale. Così quelle medesime condizioni che da una parte cagionerebbono, e in modo che senza esse non potrebbe stare, la propria, o vogliam dire esatta, e durevole universalità di una lingua; d'altra parte e nel tempo stesso, per propria natura loro, rendono assolutamente inevitabile e inevitabilmente prontissima una totale corruzione e mutazione della lingua medesima.
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