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      Onde nè senza esse la stretta universalità di una lingua può stare, nè qualsivoglia universalità durare, come si è altrove provato; e parimente con esse non può durare nè la stretta universalità nè il proprio stato di una lingua. Perocchè, quanto al proprio stato, è evidente che una lingua di necessità corrompendosi e cangiandosi [3260]del tutto, di necessità lo perde, cioè perde la sua forma, proprietà, carattere e natura. E quanto alla stretta universalità, dato ancora che una lingua corrompendosi appo una sola nazione, si corrompesse ugualmente, di modo ch'ella quantunque mutata da quella prima, fosse pur sempre una sola in essa nazione, e a tutta comune; egli è fisicamente impossibile a seguire, e assurdo a supporre che una medesima lingua corrompendosi appo molte e diversissime nazioni e cambiandosi affatto da quella di prima, pur corrompendosi da per tutto ugualmente, e facendo da per tutto in un medesimo tempo gli stessi passi, si mantenesse sempre una sola appo tutte le dette nazioni insieme. La corruzione non ha legge, e quella che nasce dalla troppa schiavitù e circoscrizione d'una lingua, n'ha meno che mai, ed è più cieca che ogni altra; nè dove non v'ha regola alcuna,
      nè scambievole convenzione e consenso (il che sarebbe contrario alla natura della corruzione di una lingua), nè conformità di circostanze, quivi può essere uniformità. La quale se è quasi impossibile in una sola nazione, dal continuo commercio e da [3261]tante altre circostanze congiunta insieme e fatta una, quanto più tra molte nazioni, sempre, per quanto commercio possano avere insieme, disgiunte e fra se diverse!


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555