Ond'è ch'egli ed abbia in quel momento una straordinaria facoltà di generalizzare (straordinaria almeno relativamente a lui ed all'ordinario del suo animo), e ch'egli l'adoperi; e adoperandola scuopra di quelle verità generali e perciò veramente grandi e importanti, che indarno fuor di quel punto e di quella ispirazione e quasi ????? e furore o filosofico o passionato o poetico o altro, indarno, dico, con lunghissime e pazientissime ed esattissime ricerche, esperienze, confronti, studi, ragionamenti, meditazioni, esercizi della mente, dell'ingegno, della facoltà di pensare di riflettere di osservare di ragionare, indarno, ripeto, non solo quel tal uomo o poeta o filosofo, ma qualunqu'altro o poeta o ingegno qualunque o filosofo acutissimo e penetrantissimo, anzi pur molti filosofi insieme cospiranti, e i secoli stessi col successivo avanzamento dello spirito umano, cercherebbero di scoprire, o d'intendere, o di spiegare, siccome [3271]colui, mirando a quella ispirazione, facilmente e perfettamente e pienamente fa a se stesso in quel punto, e di poi a se stesso ed agli altri, purch'ei sia capace di ben esprimere i propri concetti, ed abbia bene e chiaramente e distintamente presenti le cose allora concepite e sentite.
(26. Agos. 1823.)
Secondo ch'io osservo81 e che si potrà spiegare colle ragioni da me recate in altri luoghi, l'abito di compatire, quello di beneficare, o di operare in qualunque modo per altrui, e, mancando ancora la facoltà, l'inclinazione alla beneficenza e all'adoperarsi in pro degli altri, sono sempre (supposta la parità delle altre circostanze di carattere o indole, educazione, coltura di spirito, o rozzezza, e simili cose) in ragion diretta della forza, della felicità, del poco o niun bisogno che l'individuo ha dell'opera e dell'aiuto altrui, ed in proporzione inversa della debolezza, della infelicità, dell'esperienza delle sventure e dei mali, sieno passati, o massimamente presenti, del bisogno che l'uomo ha degli altrui soccorsi ed uffici.
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