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      E questo esempio dell'Europa si deve proporzionatamente applicare e paragonare al caso dell'odierna Italia, e dedurne delle congetture, certo assai verisimili e solide, circa il futuro esito delle nostre presenti circostanze.
      (1-2. Settembre. 1823.)
     
      Del resto, dalle considerazioni qui dietro fatte sulla necessità che l'Europa e lo spirito umano avevano di nuove lingue illustri a potersi avanzare e nè costumi e nelle scienze e nelle lettere e nella filosofia, dopo il risorgimento degli studi; e sul grandissimo detrimento e ritardo che portò alla rinata civiltà la rinnovazione dell'uso esclusivo del latino come lingua illustre; e sul maggior danno e indugio che le avrebbe apportato la continuazione di tale uso, apparisce più visibilmente che mai quanto debbano a Dante, non pur la lingua italiana, come si suol predicare, ma la nazione istessa, e l'Europa tutta e lo spirito umano. Perocchè Dante fu il primo assolutamente in Europa, che (contro l'uso e il sentimento di tutti i suoi contemporanei, e di molti posteri, che di ciò lo biasimarono: v. Perticari Apologia cap.34.) ardì concepire [3339]e scrisse un'opera classica e di letteratura in lingua volgare e moderna, inalzando una lingua moderna al grado di lingua illustre, in vece o almeno insieme colla latina che fino allora da tutti, e ancor molto dopo da non pochi, era stata e fu stimata unica capace di tal grado. E quest'opera classica non fu solo poetica, ma come i poemi d'Omero, abbracciò espressamente tutto il sapere di quella età, in teologia, filosofia, politica, storia, mitologia ec.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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