Adoperandole nell'italiano, elle sarebbero così bene intese, cadrebbero così bene e facilmente, parrebbero così spontanee e naturali, sarebbero così lontane da ogni sembianza d'affettate, che niuno s'accorgerebbe non pur ch'elle fossero o greche o latine o spagnuole anzi, o più, che italiane, ma neppur sentirebbe che fossero nuove nella nostra lingua, nè se n'avvedrebbe in altro modo che ricercandone espressamente il vocabolario. O se vi sentisse della novità, ne sentirebbe quel tanto e non più, che dà grazia, eleganza, forza, nobiltà, bellezza allo stile e alla lingua, e dividono l'una e l'altra dal popolo, il che non pur è concesso ma richiesto al nobile scrittore in qualunque genere. Queste [3406]voci, frasi, forme, benchè latine, greche, spagnuole di origine; benchè non mai per l'innanzi usate o sentite in italiano; introdotte che vi fossero, non sarebbero nè latinismi nè grecismi nè spagnolismi, perchè non vi si conoscerebbe nè la latinità, nè la grecità ec., o se vi si conoscerebbe, non vi si sentirebbe, ch'è quel che importa; nè vi si conoscerebbe che per cagioni estrinseche e proprie del lettore, cioè per la cognizione che questi avrebbe di quelle lingue, e degli scrittori italiani ec.; non per cagioni intrinseche, cioè proprie di quella tale scrittura, stile ec. per le qualità di quelle tali voci, frasi ec. rispetto alla lingua italiana o a quel tal genere e stile. Altre voci, frasi, forme, significazioni sono in gran numero nelle dette lingue, che si potrebbero pure utilissimamente introdurre nella italiana, ma non altrove che in certi luoghi, con certi contorni, preparazioni ec. nè senza molta avvertenza, arte, discrezione, giudizio dell'opportunità ec.
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