Ed è stato anche osservato (da Perticari sulla fine del Tratt. degli Scritt. del Trecento) che nella universale corruzione della lingua e stile delle nostre prose e del nostro familiar discorso accaduta nell'ultima metà del passato secolo, e ancora continuante, la lingua de' poeti si mantenne quasi pura e incorrotta, non solo ne' migliori o in chi pur seguì un buono stile, ma ne' pessimi eziandio, e negli stili falsi, tumidi, frondosissimi, ridondanti, strani o imbecilli degli arcadici, de' frugoniani, bettinelliani ec. Così pure era accaduto ne' barbari poeti del secento. La cagione di ciò è facile a raccorre da queste mie osservazioni, le quali sono ben confermate da questi fatti. Laddove egli è pur certo che riguardo alla prosa, lo stile non si corrompe mai che non si corrompa altresì la lingua, nè viceversa, nè v'ha prosatore alcuno di stile corrotto e lingua incorrotta: del che puoi vedere le pagg.3397-9.
(12. Sett. 1823.)
[3420]Opinione de' greci, anche filosofi, e principali filosofi, sul giusto e l'ingiusto creduto altro verso i greci, altro verso i barbari, non accidentalmente, ma naturalmente; sulla supposta inferiorità di natura di questi a quelli; sul supposto naturale diritto ne' greci di comandare a tutte l'altre nazioni, come per natura incapaci di governarsi da se nè d'acquistare le facoltà a ciò convenienti; sulla supposta servilità non di circostanza ma di natura ne' barbari (cioè nei non greci), servilità creduta in essi così universale, che l'esser molti di essi nella propria nazione servi, era creduto irragionevole, perchè niuno nella loro nazione era stimato aver dritto di comandarli, essendo tutta la nazione composta di soli servi per natura.
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