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      Del che veggasi la p.3420-1. Del resto è ben naturale che ove non è distinzion di lingua (tra poesia e prosa) quivi non possa essere vera distinzion di stile113.
      (13. Sett. 1823.)
     
      [3430]Altronde per altrove, e indi fors'anche quasi ivi o colà, delle quali cose ho detto altrove. V. Petrarca Son. Io sentia dentr'al cor già venir meno.
      (15. Sett. 1823.)
     
      Natura insegna il curare e onorare i cadaveri di quelli che in vita ci furon cari o conoscenti per sangue o per circostanze ec. e l'onorar quelli di chi fu in vita onorato ec. Ma ella non insegna di seppellirli nè di abbruciarli, nè di torceli in altro modo davanti agli occhi.114 Anzi a questo la natura ripugna, perchè il separarci perpetuamente da' cadaveri de' nostri è, naturalmente parlando, separazione più dolorosa che la morte loro, la qual non facciam noi, ma questa è volontaria ed opera nostra, e quella è quasi insensibile a chi si trova presente, e accade bene spesso a poco a poco; questa è manifestissima e si fa in un punto. E separarsi da' cadaveri tanto è quasi in natura quanto separarsi dalle persone di chi essi furono, perchè degli uomini non si vede che il corpo, il quale, ancor morto, rimane, ed è, naturalmente, tenuto per la persona stessa, benchè mutata (piuttosto che in luogo di [3431]quella), e per tutto ciò ch'avanza di lei. Ma d'altra parte il lasciare i cadaveri imputridire sopra terra e nelle proprie abitazioni, volendoseli conservare dappresso e presenti, è mortifero, e dannoso ai privati e alla repubblica. I poeti, oltre all'avere insegnato che nella morte sopravvive una parte dell'uomo, anzi la principale e quella che costituisce la persona, e che questa parte va in luogo a' vivi non accessibile e a lei destinato, onde vennero a persuadere che i cadaveri de' morti, non fossero i morti stessi, nè il solo nè il più che di loro avanzava; oltre, dico, di questo, insegnarono che l'anime degl'insepolti erano in istato di pena, non potendo niuno, mentre i loro corpi non fossero coperti di terra, passare al luogo destinatogli nell'altro mondo.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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