Odio ed ira e qualunque passione soddisfatta, non resta. (Non resta, dico, quanto all'atto, di cui solo è padrone il poeta, e non dell'abito). Dunque l'uditore parte dal dramma senza nè odio nè ira nè altra passione alcuna contro i malvagi, il vizio, il delitto. Tutto questo discorso circa la parte che spetta nel dramma ai malvagi, si faccia altresì circa quella che spetta ai buoni. - Chiuderò queste osservazioni con un esempio di fatto, narratomi da chi si trovò presente. Si rappresentò in Bologna pochi anni fa l'Agamennone dell'Alfieri. Destò vivissimo interesse negli uditori, e fra l'altro, tanto odio verso Egisto, che quando Clitennestra esce dalla stanza del marito col pugnale insanguinato, e trova Egisto, la platea gridava furiosamente all'attrice che l'ammazzasse. Ma come in quella tragedia Egisto riesce fortunato e gl'innocenti restano oppressi, quivi si vide quello che possano le vere tragedie negli animi degli uditori, quando elle sono di [3459]tristo fine. Perchè promettendo gli attori che la sera vegnente avrebbero rappresentato l'Oreste pur d'Alfieri, ove avrebbero veduto la morte di Egisto, la gente uscì dal teatro fremendo perchè il delitto fosse rimaso ancora impunito, e dicendo che per qualunque prezzo erano risoluti l'indomani di trovarsi a veder la pena di questo scellerato. E l'altro dì prima di sera il teatro era già pieno in modo che più non ve ne capeva. O moralmente o poeticamente che si consideri un tanto odio verso un ribaldo di 3000 anni addietro, potuto ispirare e lasciare da quella tragedia, ed una passione così calda, un effetto così vivo, potuto da lei produrre e lasciare; per l'una e per l'altra parte si può vedere se le tragedie di lieto fine sieno poco o utili o dilettevoli.
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