Non cosģ possiamo dire de' piaceri celesti promessi a chi desidera e non ottiene i terreni, nel qual caso l'uomo si trova naturalmente e necessariamente sempre, e l'infelice massimamente, benchč tutti a rigore sono infelici, e lo sono perchč tutti e sempre si trovano nel detto caso. Ora i piaceri celesti, al contrario di ciņ che s'č detto qui sopra, son di natura affatto diversi da quelli che noi desideriamo e non ottenghiamo, e non ottenendo siamo infelici; e questa lor natura non puņ da noi per verun modo mai essere conceputa. Onde segue che la consolazione che puņ derivare dallo sperarli, sia nulla in effetto; perchč a chi desidera una cosa si promette un'altra ch'č diversissima da quella; a chi č misero per un desiderio non soddisfatto, si promette di soddisfare un desiderio ch'ei non ha e non puņ per sua natura avere nč formare; a chi brama un piacer noto, e si duole di un male noto, si promette un piacere e un bene ch'ei non conosce nč puņ conoscere, e ch'ei non vede nč puņ vedere come sia per esser bene, e come possa piacergli; [3503]a chi č misero in questa vita, e desidera necessariamente la felicitą di questa esistenza, ed altra esistenza non puņ concepire nč desiderarne la felicitą, si promette la beatitudine di una tutt'altra esistenza e vita, di cui questo solo gli si dice, ch'ella č sommamente e totalmente e pił ch'ei non puņ immaginare diversa dalla sua presente, e ch'ei non puņ figurarsi per niun conto qual ella sia. Come l'uomo non puņ nč collo intelletto nč colla immaginazione nč con veruna facoltą nč veruna sorta d'idee oltrepassare d'un sol punto la materia, e s'egli crede oltrepassarla, e concepire o avere un'idea qualunque di cosa non materiale, s'inganna del tutto; cosģ egli non puņ col desiderio passare d'un sol punto i limiti della materia, nč desiderar bene alcuno che non sia di questa vita e di questa sorta di esistenza ch'ei prova; e s'ei crede desiderar cosa d'altra natura, s'inganna, e non la desidera, ma gli pare di desiderarla.
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