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      - Mio timor panico d'ogni sorta di scoppi, non solo pericolosi, (come tuoni ec.), ma senz'ombra di pericolo (come spari festivi ec.); timore che stranamente e invincibilmente [3519]mi possedette non pur nella puerizia, ma nell'adolescenza, quando io era bene in grado di riflettere e di ragionare, e così faceva io infatti, ma indarno per liberarmi da quel timore, benchè ogni ragione mi dimostrasse ch'egli era tutto irragionevole. Io non credeva che vi fosse pericolo, e sapeva che non v'era pericolo nè che temere; ma io temeva niente manco che se io avessi saputo e creduto e riflettuto il contrario. (puoi vedere la p.3529.). Non potè nè la ragione nè la riflessione liberarmi di quel timore irragionevolissimo, perch'esso m'era cagionato dalla natura. Nè io certo era de' più stupidi e irriflessivi, nè di quelli che men vivono secondo ragione, e meno ne sentono la forza, e son meno usi di ragionare, e seguono più ciecamente l'istinto o le disposizioni naturali. Or quello che non potè per niun modo la ragione nè la riflessione contro la natura, lo potè in me la natura stessa e l'assuefazione; e il potè contro la ragione medesima e contro la riflessione. Perocchè coll'andar del tempo, anzi dentro un breve spazio, essendo io stato forzato in certa occasione a sentire assai da vicino e frequentemente di tali scoppi, perdei quell'ostinatissimo e innato timore in modo, che non solo trovava piacere in quello [3520]che per l'addietro m'era stato sempre di grandissimo odio e spavento senza ragione, ma lasciai pur di temere e presi anche ad amare nel genere stesso quel che ragionevolmente sarebbe da esser temuto; nè la ragione o la riflessione che già non poterono liberarmi dal timor naturale, poterono poscia, nè possono tuttavia, farmi temere o solamente non amare, quello che per natura o assuefazione, irragionevolmente, io amo e non temo.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555