I giovani massimamente, sono ben più odiosi e dannosi de' vecchi, perchè in essi alla disposizione intera e alla decisa volontà di mal fare si aggiunge il potere e la facoltà; e l'ardor giovanile, e la forza e l'impeto e il fiore delle passioni, che un dì conduceva gli uomini al bene, ora conducendogli dirittamente e pienamente e decisamente al male, rende gl'individui tanto più cattivi, perniciosi ed odiabili, quanto esso ardore è più grande. Laddove i vecchi sono, non dirò già più stimabili nè venerabili, ma più tollerabili e meno da essere odiati e fuggiti che quelli dell'altra età, siccome meno potenti di mal fare, benchè a ciò solo inclinati; e siccome anche meno desiderosi di nuocere e di far bene a se e male altrui, perchè più freddi, e di più sedate passioni, e dalla lunga esperienza più disingannati [3524]de' piaceri e de' vantaggi di questa vita, e fatti meno avidi, e di desiderii men vivi: essendo la freddezza e l'esperienza che un dì furon cagione d'ogni male e malvagità, divenute oggi cagione, non già di bene nè di bontà, ma di minor male e cattiveria, che non il calor naturale e l'inesperienza che già furon cagioni principali di bontà, ed or sono cagioni di maggiore ribalderia. Da principio dunque fu la vecchiezza rispetto alla gioventù (e proporzionatamente all'altre età), come il meglio
al bene; poscia come il cattivo al buono; in ultimo è (e probabilmente sarà sempre) come il manco male al male, o come il cattivo al pessimo.
Quel che s'è detto della vecchiezza e della gioventù ec. dicasi ancora di quei caratteri e disposizioni degl'individui, o naturali e primitive, o acquistate e avventizie, le quali hanno faccia e sembianza di vecchiezza, di gioventù ec. e rispondono all'indole e qualità proprie di queste età, benchè ad esse disposizioni ec. non corrisponda in fatto l'età [3525]reale de' rispettivi individui, anzi sia loro ben diversa o contraria ec.
| |
|