Chiunque nel pericolo in cui non v'è nulla a fare, comparisce diverso da quel ch'ei suole, qualunque ei soglia essere, e qual ch'ei divenga, e quanta che sia questa diversità, non è coraggioso, o in quel caso non ha vero coraggio.
Tornando al discorso del coraggio, il vero e perfetto coraggio (quando si tratti di un pericolo dove l'individuo non abbia nulla a fare per ischivarlo o mandarlo a vuoto) dee tanto esser lontano dal muover l'uomo ad allegria o dimostrazione d'allegria straordinaria o diversa dalla disposizione in che egli era il momento prima dell'apprensione del pericolo, quanto dal muoverlo a palpitare, a impallidire, a tremare, a dolersi, a perdersi d'animo, a cadere in tristezza, a divenir taciturno o serio contro il suo solito o contro quel ch'egli era il momento prima, a piangere, e a provar gli altri effetti immediati, e dar gli altri segni espressi e formali del timore. Com'ei non può produrre gli effetti nè i segni propri del timore, e deve impedirli, [3532]così ed altrettanto ei non può produrre e deve impedire gli effetti e i segni che paiono più contrarii a quelli del timore: dico, in quanto questi effetti e questi segni abbiano relazione al presente pericolo, e da esso, in quanto proprio pericolo, sieno occasionati, e non vengano da altre cagioni indifferenti. Ad essere perfettamente e veramente coraggioso, o a fare una prova particolare di vero e perfetto coraggio (il quale può essere ed atto ed abito, e quello talora senza questo), si richiede da una parte conoscere pienamente tutta la vera qualità e la vera grandezza del pericolo, o esserne pienamente persuaso, vero o creduto ch'ei sia; dall'altra parte non mutarsi per tale cognizione ovvero opinione e per tal pericolo, non mutarsi, dico, in nessunissimo conto nè nell'animo, nè nell'esterno, ma conservare esattamente e veramente lo stato del momento prima, allegro o malinconico ch'ei fosse, e seguitare, quanto è materialmente possibile, le stesse operazioni ec. nello stesso modo, in quanto e come si sarebbero seguitate, se il pericolo o l'opinione [3533]o la cognizione di esso non fosse sopravvenuta; insomma perseverare e conservarsi, o essere o divenir per ogni parte tale nel pericolo o nell'opinione o cognizione di esso, come appunto sarebbe avvenuto se tal pericolo, opinione o cognizione non fosse in alcun modo sopraggiunta (eccetto solamente quello che le circostanze d'esso pericolo impediscono materialmente di fare, o in qualunque modo, o per non accrescerlo: come se in una tempesta di mare lo strepito dell'onde m'impedisce di dormire; o se in una battaglia navale, io a quell'ora in cui sarei certamente andato a passeggiare sulla coperta, me ne sto, non toccando a me il combattere, chiuso nella mia camera, per non espormi inutilmente alle palle). Tutto ciò dev'essere senz'alcuno sforzo, come è manifesto dagli stessi termini, perchè altrimenti lo stato dell'individuo non sarebbe onninamente lo stesso allora che prima, ma ben diverso.
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