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      (28. Sett. 1823.). V. p.3720.
     
      In una città piccola, massime dove sia poca conversazione, non essendo determinato il tuono della società, (neppur un tuono proprio particolarmente d'essa città, qual sempre sarebbe in una città piccola, quando veggiamo che anche le grandi hanno sempre notabilissime nuances di tuono lor proprio, e differenze da quello dell'altre, anche dentro una stessa nazione) ciascun fa tuono da se, e la maniera di ciascuno, qual ch'ella sia, è tollerata e giudicata per buona e conveniente. Così a proporzione in una nazione, dove non v'abbia se non pochissima società, come in Italia. Il tuono sociale di questa nazione non esiste: ciascuno ha il suo. Infatti non v'è tuono di società che possa dirsi italiano. Ciascuno italiano ha la sua maniera di conversare, o naturale, o imparata dagli stranieri, o comunque acquistata. Laddove in una nazione socievole, e così a proporzione in una città grande, non è, non solo stimato, ma neppur tollerato, chi non si [3547]conforma alla maniera comune di trattare, e chi non ha il tuono degli altri, perchè questa maniera comune esiste, e il tuono di società è determinato, più o meno strettamente, e non è lecito uscirne senza esser messo, nella società ec., fuor della legge, e considerato come da men degli altri, perchè dagli altri diverso, diverso dai più.
      (28. Sett. 1823.)
     
      Circa la radice monosillaba di jungo da me notata altrove in con-iux o con-iunx ec. aggiungi bi-iux o bi-iunx, il quale io credo che sia il vero nominativo del genitivo biiugis, e non, come scrive il Forcell., biiugis biiuge.


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Zibaldone. Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura
Parte Seconda
di Giacomo Leopardi
pagine 1555

   





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