Nella Iliade dove essi sono tutto l'opposto, essi non solo s'indeboliscono meno, ma non s'indeboliscono punto, o certo l'interesse totale risultante dal poema nell'animo de' lettori non pur non è indebolito dalla duplicità, ma a molti doppi [3593]accresciuto, e in buona parte assolutamente prodotto. Onde si confermano le mie osservazioni sulla necessità di un interesse veramente doppio, e di due interessi diversi, alla maniera che si vede nell'Iliade; e sul danno di quella unità che i precettisti hanno prescritta e che gli epici posteriori ad Omero si sono proposta. Perocchè, come ho mostrato in questo discorso, essa unità nuoce al suo medesimo fine, che è di far che l'interesse e l'effetto totale nel lettore sia più vivo essendo uno e indiviso, e mirando a un sol segno; chè altrimenti la prescritta unità non avrebbe ragione alcuna, ed il precetto sarebbe arbitrario, laddove il poeta dev'esser padrone della sua libertà in quanto l'esserlo e il disporne a suo modo non ripugna alla natura, e alla qualità e debito del poema epico. L'unità dunque da' precettisti prescritta nel poema epico, pregiudicando e ripugnando al suo medesimo fine, è qualità non pur dannosa, ma vana ed assurda in se stessa e ne' proprii termini.
Ritornando al Tasso, molto ingegnoso è quel modo in ch'egli proccura, quasi espressamente prevenendo le obbiezioni de' rettorici, di mostrar [3594]l'accordo de' suoi due Eroi nella sua opera, e che dal loro esser due, non nasca nel suo poema duplicità d'interesse. Parla l'anima di Ugone a Goffredo, e dice di Rinaldo (c.14. stanza 13.) Perchè-lece.
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