Ma pur parecchi suoi verbi l'hanno in ui: domui, secui, vetui, necui, crepui ec. co' loro composti enecui, perdomui ec.173 Or da che č venuta quest'anomalia? Dalla stessa cagione che l'ha introdotta ne' verbi della 2da, [3716]nella quale ella, per esser pių comune assai che nella prima, e pių comune che non č ciascuna dell'altre desinenze, non si chiama anomalia, anzi regola; e piuttosto chiamasi anomalia quella in evi perchč divenuta pių rara, e una di quell'altre meno comuni. Ma parlando esattamente e guardando all'origine, quella in ui č anomalia o alterazione nella seconda non meno che nella prima, e quella in evi č cosė regolare nella 2. come nella prima quella in avi. E pių comune si č la desinenza in ui nella seconda che nella prima, perchč l'ommissione della vocale, da cui essa deriva, era ed č pių facile e naturale circa la e che circa la a, lettera pių vasta, per servirmi dell'espressione di Cicerone in altro proposito (Orat. c.45. circa l'x.). Del resto, come parecchi della seconda hanno il perfetto cosė in evi come in ui, qualunque de' due sia pių comune, cosė tutti o quasi tutti quelli della 1. che l'hanno in ui, conservano pur quello in avi, o che questo sia in essi il pių usitato, o viceversa. [3717]E tutti altresė, se non erro, hanno il supino in itum, come quelli della seconda ch'hanno il perfetto in ui (mentre quelli che l'hanno in evi conservano altresė il vero supino in etum, credo, tutti); ovvero in ctum contratto da citum (nectum, sectum ec.) come appunto lo sogliono avere quelli della seconda che hanno il perfetto in ui, come docui-doctum contratto da docitum.
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Cicerone Orat
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